Le interviste esclusive: Igor Cassina
"Si chiama Igor Cassina signori, e non ce n'è per nessuno"
Igor Cassina nasce a Seregno il 15 agosto 1977, è un ex ginnasta italiano, campione olimpico nella specialità della sbarra. Sicuramente uno dei più grandi atleti nella storia della ginnastica artistica.
È stato il primo al mondo a presentare un Kovacs teso con avvitamento a 360° sull’asse longitudinale, un esercizio così complesso che la federazione internazionale ha deciso di dargli il suo nome: Il movimento Cassina.
Nel suo palmares ci sono due ori alle Gymnasiadi di Cipro 1995, due ori alla Coppa del mondo di Parigi (2005 – 2007), un oro alle Olimpiadi di Atene 2004. Oltre a innumerevoli medaglie di argento e bronzo.
D. Cominciamo dagli esordi, tu hai fatto judo da giovanissimo, hai mai pensato a cosa sarebbe successo se avessi proseguito su quella strada?
Sinceramente non ci ho mai pensato, perché, come dico sempre, mi sono talmente immerso in questo mio mondo, in questa mia bolla dove fondamentalmente le mie giornate e i miei pensieri erano incentrati sulla ginnastica. Mi viene quindi difficile pensare che avrei potuto fare qualcosa di diverso. Comunque sia, sono stato sempre un ragazzino molto vivace e determinato. Se anche avessi intrapreso altre strade sportive, sono sicuro che non mi sarebbero mancati l’entusiasmo, la passione la voglia di migliorarmi. Ovviamente però non so che risultati che avrei potuto conseguire.
D. Magari anche qualche medaglia?
Eh, forse, chissà… magari per la gioia di mio papà sarei potuto diventare un buon ciclista, perché lui voleva fin da piccolo che andassi in bici (ha questa passione sfrenata per la bicicletta).
D. Tu sei stato uno dei più grandi di tutti i tempi alla sbarra. Dei sei attrezzi è ovviamente quello che ti ha dato più soddisfazioni, ma ce ne sono altri che prediligi?
A me sono sempre piaciuti tutti, io amo proprio la ginnastica artistica e ho sempre amato tutto quello che ho fatto. Ovviamente, un po’ per la mia conformazione fisica, con certi attrezzi avevo delle difficoltà nel potermi esprimere ad alti livelli, ma ciò nonostante, mi piacevano seriamente tutti. E tutti i giorni, oltre che alla sbarra, pensavo a cosa avrei potuto imparare e migliorare anche negli altri attrezzi.
Però, se proprio ne devo dire uno che proprio non era in cima ai miei gusti… Beh, quello era il volteggio! Il volteggio era forse uno di quegli attrezzi dove la passione non era proprio al 100%, diciamo al 98.
D. Puoi spiegare a noi comuni mortali cosa si prova a fare il grande salto verso le olimpiadi? Ricordi le emozioni di Sydney 2000?
Per cercare di farvelo passare in maniera molto semplice, pensate a un bambino quando si avvicina allo sport. Quando capisce che gli piace tanto fare quella disciplina e si identifica ovviamente in uno o più atleti che già ottengono risultati importanti. Quel bambino comincia a sognare, decide di seguire quella strada e viene inserito in un sistema dove l’olimpiade sarà il coronamento di tutti gli allenamenti e degli sforzi compiuti. Dentro di lui però c’è sempre qualche insicurezza. Alla fine sa benissimo che sono pochissimi quelli che ce la fanno.
Quindi tu insegui un sogno, un sogno che per la maggior parte delle persone resterà tale, ma per alcuni… Iniziare da ragazzi molto giovani in questo aiuta, perché la passione annulla qualsiasi dubbio. L’olimpiade è la gara della vita e, per quanto dura, devi arrivarci.
Quando poi questo sogno si avvicina e finalmente diventa reale, quando ti viene comunicato che farai parte della delegazione olimpica, quando vivi la trasferta, quando passeggi nel villaggio olimpico insieme agli atleti di tutto il mondo, quando indossi la maglia azzurra e fai la tua gara… ecco, quello è qualcosa che va oltre qualsiasi fantasia, qualsiasi immaginazione.
Sydney è stato il coronamento di un sogno, ho sempre detto che poi, anche se avessi dovuto smettere, se fosse successo qualcosa… beh, ho fatto le olimpiadi, sono la persona più felice del mondo! Poi è ovvio, l’appetito vien mangiando… e dopo non ti basta più aver fatto le olimpiadi, non ti basta più essere arrivato fra i primi 10, non ti basta più essere arrivato nei primi 3 e via così.
D. È stata quella, a livello sportivo, la tua più grande soddisfazione? O l’oro di Atene 2004 ha portato tutto in secondo piano?
Atene l’ho vissuta in una forma mentis totalmente diversa, Sydney era realizzare un sogno: andare alle Olimpiadi, quindi il mio focus era andare, partecipare senza pensare troppo al risultato. Mentre ad Atene per me non era tanto importante andare alle Olimpiadi, ma era molto importante portare a casa un risultato. E devo dire che mi sento molto felice del mio percorso così per come è andato, perché avrei potuto fare di più, ma avrei potuto fare anche di meno, quindi Igor Cassina oggi è un uomo felice per quello che ha avuto dallo sport nonostante gli infortuni, le cadute… perché comunque tutto è servito per arrivare a questi risultati, quindi direi perfetto così.
D. Qual è la differenza tra un’ottimo atleta e un campione assoluto nella sua disciplina? C’è un segreto che vuoi condividere con chi sta seguendo ora le tue orme?
La differenza sostanziale è che un Campione con la “C” maiuscola è colui che quando è il momento di fare una cosa la fa. Cioè riesce a tenere distante da sé emozioni, stress, ansia, tensione, preoccupazioni, aspettative… tutti aspetti che si vivono perché siamo anche noi esseri umani. Anche io li ho vissuti, e mi sono accorto che puoi fare la differenza quando riesci a estraniarti da tutto questo, quando sei focalizzato sulla tua performance, pensando a quelle cose che ti fanno stare tranquillo e sereno per approcciarti nel migliore dei modi.
Poi devo dire che la mia forma di campione ha sempre due sfaccettature: quella dell’atleta che deve effettivamente dimostrare il suo valore e si concentra su quello. E poi c’è l’altra, quella che mi piace un po’ di più, che è un po’ una metafora della vita. Per me il vero Campione è colui che semplicemente si impegna costantemente e fa del suo meglio per cercare di arrivare a quello che io chiamo il suo “level ten”, il suo livello più alto. E che fa tutto questo mantenendo sempre integrità e valori.
Questo è un campione che poi lo sarà sicuramente anche nella vita, perché tanti campioni dello sport poi magari non si può dire che lo siano anche nella vita di tutti i giorni.
D. Quali sono gli atleti che oggi stimi di più?
Io sono cresciuto con un modello, un esempio, nella ginnastica artistica che è Dmitrij Bilozerčev, un ginnasta russo che mi ha ispirato e aiutato a trovare la motivazione per andare avanti in un momento molto difficile quando avevo 10 anni e avevo rotto la tibia. Poi ho sempre amato tutto lo sport, un amore che mi a trasmesso mio papà, uomo di grande passione sportiva – e rimarco il fatto che tutto quello che ho potuto ottenere l’ho conquistato grazie ai miei genitori, e a mia sorella, che mi hanno sempre aiutato, sostenuto e supportato.
Un altro sport che mi è sempre piaciuto tantissimo è lo sci, con il grande Alberto Tomba, perché, parlando da un punto di vista puramente sportivo, mi ha sempre catturato. Ricordo che mi capitava di dire spesso a mia mamma “No no, aspetta, andiamo a scuola 10 minuti dopo perché c’è la seconda manche e non posso perdermela”. Poi negli anni mi è piaciuto molto anche Valentino Rossi. Mi piacevano le evoluzioni che faceva e le emozioni che riusciva a trasmettere. Valentino l’ho sempre apprezzato, non solo perché vinceva, ma anche perché è sempre stato un personaggio estroso che riusciva ad abbinare quella componente divertente, un po’ particolare, che lo rendeva un campione a modo suo. E visto che io rincorrevo il sogno di una medaglia d’oro alla Olimpiadi, mi piaceva ispirarmi a quegli atleti che riuscivano a vincere e a essere sempre sul pezzo.
Ti ho parlato prima dello sci e devo dire che, oltre Tomba, ci sono stati tanti atleti a cui mi ispiravo da piccolo e che sono diventati poi amici reali nella vita. Uno fra tutti è Kristian Ghedina che è sempre stato un po’ pazzariello, caratteristica che un po’ ci accomunava. Anche il mio migliore amico viene dal mondo dello sci, lui ha il record del mondo del chilometro lanciato e si chiama Ivan Origone. Paradossalmente poi ho costruito molte più amicizie nel mondo dello sci rispetto a quelle sviluppate nel mondo della ginnastica. Non che non abbia amici nel mio mondo, ma paradossalmente ne ho di più, a livello numerico, in un mondo che non è il mio, e questa è una cosa che mi piace.
E poi come dimenticarsi di Christhof Innerhofer (sci), Oscar De Pellegrin (Campione Paralimpico Tiro con l’Arco), Mike Maric (Campione Mondiale Apnea), Sara Cardin (Campionessa Mondiale Karate) e Bernardo Bernardini (Triatleta disabile). E, per finire, i miei amici e compagni di squadra: Matteo Angioletti, Andrea Coppolino, Alberto Busnari, Enrico Pozzo e Matteo Morandi.
D. Tornerai mai ad allenare? Vedremo un tuo atleta fare un Cassina 3?
Mah, chi lo sa. Diciamo che la ginnastica è tutta la mia vita seriamente, e il fatto che abbia lasciato da 3 anni questo mondo, non significa che non sia più la mia passione, o che non sia più la mia ragione di vita. Mi sono solo accorto, col tempo, che quello che facevo non mi dava gratificazioni da un punto di vista economico.
Essendo io un ragazzo ambizioso, che vuole cercare di dare alla sua famiglia il meglio per vivere bene, c’era poco da fare… purtroppo il mio sport, dal punto di vista economico, non mi gratificava. Poi c’erano anche delle dinamiche da allenatori che sinceramente non mi piacevano tantissimo. Se da atleta certe cose mi scivolavano via perché io dovevo andare solo in palestra ad allenarmi… da allenatore ho trovato qualche aspetto del mio ambiente che invece non mi piaceva, come ad esempio la meritocrazia. Quindi quello che sto facendo adesso è sempre un progetto che ha a che fare con lo sport e con il benessere, ma ho smesso di fare l’allenatore.
Mi sto creando però le basi per far si che da qui a magari 3 anni, 5 anni, o quando sarà, un piedino lo potrò anche rimettere, partendo magari da una palestra tutta mia dove fondamentalmente la mia passione potrà avere sfogo pieno. Non ci sarà magari l’ambizione di dover portare un’atleta per forza alle olimpiadi, ma vivere il mio sport con la genuinità con la quale l’ho vissuto io e come sarebbe bello che tutti lo vivessero, anche ad alti livelli. Perché poi sappiamo che a volte la competizione, l’agonismo… se uno non ha dei valori assoluti molto forti, può rischiare di perdersi in un sistema a volte non così trasparente.
D. I giudizi delle giurie, si sa, contengono sempre una percentuale di soggettività. C’è una gara dove ti sei sentito un po’ tradito dai giudici?
A volte capita, perché comunque bisogna considerare che la giuria è formata da persone, e l’errore può anche capitare. A volte però viviamo uno sport dove “un errore” viene volutamente fatto per favorire un atleta anziché un altro. E nella vita di qualunque ginnasta è capitato di ricevere un punteggio non adeguato. A me è capitato, diverse volte, una era la finale di coppa del mondo dove effettivamente avevo fatto davvero un bell’esercizio. Sono arrivato quinto quell’anno, ma meritavo veramente di vincere. Però sono tutte esperienze che comunque ti temprano, e che ti insegnano a prenderne semplicemente atto.
Il nostro sport ha una grande etica e una profonda morale, ci sono delle regole molto rigide che noi ginnasti sappiamo rispettare molto bene, quindi non è che ci mettiamo a fare scenate, ne prendiamo semplicemente atto. E poi vai in palestra e ti alleni ancora di più per creare quel famoso Movimento Cassina, quell’esercizio perfetto che possa fare la differenza e che nessuno poi possa oggettivamente criticare. Devo dire però che sono già al lavoro per cercare di essere il più equo possibile nelle valutazioni. Quindi bisogna dar fiducia ad un sistema che, come dicevo prima, da un lato non va bene (ma lì è la parte umana che deve cambiare), ma dall’altro ha un sistema di valutazioni che ogni anno viene rivoluzionato proprio per cercare di sistemare queste cose.
D. Chi è stato il tuo avversario più forte, quello che temevi di più?
L’avversario più forte è stato indubbiamente Aleksej Nemov, lui ha solo un anno più di me, ma ha iniziato a vincere già nel 1994, e a 18 anni lui era già un fenomeno. Mi ricordo che a 17 avevo fatto da riserva junior nelle finale di Coppa Europa giovanile ad Arezzo. Lui gareggiava e io ero lì, in riserva, e per la prima volta l’ho visto dal vivo. Mamma mia, davvero un fenomeno! E nei campionati del mondo del 2003, quando ho vinto la mia prima medaglia, io sono arrivato secondo e lui è arrivato terzo. Ho fatto una gigantografia a casa del podio perchè si può dire che, insieme a Dmitrij Bilozerčev, è per me un idolo. Nel mondo della ginnastica artistica Nemov è Nemov, non si può toccare. Quindi quella è stata una gran bella soddisfazione.
Poi ad Atene io ho vinto e lui è arrivato quinto, anche se meritava il bronzo. C’era stato un po’ un caos e la gara è stata interrotta perché gli avevano dato un punteggio basso… Ma devo dire che mi ha fatto piacere vivere quella finale ed essere entrato nella storia doppiamente insieme a lui, anche perché in una gara di ginnastica artistica mai era successo, prima di quella finale, che fosse cambiato un punteggio durante la gara.
Poi ci sono anche Fabian Hambüchen, un ginnasta tedesco che poi ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, un ginnasta greco di nome Vlasios Maras e poi anche Aljaz Pegan. Ecco, questi erano quei ginnasti che quando erano in finale dovevi sempre fare del tuo meglio perché, anche se io avevo il “Movimento Cassina”, lì bastava un’imperfezione e i giudici ti penalizzavano… era una bella sfida.
D. Il nostro è un portale che tratta principalmente televisione e radio. Quali sono i film a cui sei più affezionato?
Devo ammettere che da un po’ di anni a questa parte la televisione la guardo poco, ma sono un amante del cinema. Io sono cresciuto in una famiglia dove la sera (io uscivo poco la sera, un po’ per il mio sport…) con mio papà guardavamo sempre i film, di tutti i generi. Da i film di azione ai thriller… ecco le commedie non tanto, però avventura sì… uno dei miei preferiti, e l’avrò visto davvero un milione di volte è Rocky. Tutti, tutta la serie. E anche Rambo! Ogni volta che c’era “dai papà lo guardiamo”. Poi anche tutti i film tipo “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più”.
D. E le canzoni?
Canzoni. Con la musica io mi sono sempre definito un po’ un tamarro, nel senso buono del termine, la classica musica “tunz tunz” in macchina… non dico col braccio fuori a far vedere il bicipite e con la catena, però ho sempre sentito la musica molto alta anche in macchina perché mi motivava.
Nella mia testa, essendoci sempre stata la ginnastica, quando ascoltavo la commerciale, ma anche anni ’80 e ’90… mi caricavo. Ecco, forse la mia musica preferita è anni ’70 ’80 ’90, spettacolo! Mi dà una carica, un’energia che mi proietta nell’immagine di quello che voglio realizzare nella vita, nella ginnastica e non.
Mi è sempre piaciuto Adriano Celentano. Ma come, dirai, dalla musica commerciale ad Adriano Celentano? Eh… il Cassina ne ha prese tante di botte ed è un po’ strano [ride]. Comunque Adriano Celentano l’ho sempre seguito anche televisivamente parlando, sia nei film che negli spettacoli… da “Svalutation” a tutto quello che ha poi fatto per la tv. Mi è sempre piaciuto molto. Anche il Festival, l’ho sempre guardato insieme ai miei genitori fino a 6/7 anni fa, proprio perché mi piace la musica. Perché la musica è effettivamente vita, ti emoziona, ti proietta in bei pensieri, immagini, e poi fantastichi… la musica è parte integrante della mia vita.
D. Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Adesso ho un progetto di vita qui a Treviso insieme a Valentina, la mia compagna, che prende spunto proprio dal mio movimento. Il mio progetto di vita è “Movimento Cassina”, che è l’opportunità che do alle persone di capire come stare meglio anche attraverso le buone abitudini quotidiane, come ad esempio l’importanza di una colazione sana, bere durante la giornata, fare sport, riposarsi, dare importanza a concetti di integrazione e nutrizione e al benessere fisico.
“Movimento Cassina” è anche un’opportunità per far capire alle persone come possono continuare a vivere le loro passioni, il lavoro che gli piace, magari creandosi anche un guadagno slegato dal tempo. Quindi è un’opportunità finanziaria e soprattutto di tempo, perchè la maggior parte delle persone si trovano un po’ imbottigliate nel non aver tempo da trascorrere con i figli, con la famiglia, per andare a fare sport, per prendersi due o tre giorni quando vogliono… e questo progetto dà anche questa opportunità, per migliorare un po’ lo stile di vita.
Insieme a questo, il mio obiettivo è di migliorare la qualità della vita delle persone e spero mi porterà poi a realizzare il sogno di avere una struttura mia dove i ragazzi verranno a far sport, a fare ginnastica artistica, al di là dell’agonismo, proprio per vivere uno sport sano che ti migliora da tutti i punti di vista. Se poi ci sarà un ragazzino con le caratteristiche per andare avanti e diventare un campione, ben venga, ma non sarà di certo un’attività improntata sull’agonismo.
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